Cultura

Disfida di Barletta, ripulito dalle erbacce l’epitaffio sul campo

La Redazione
In contrada Sant'Elia una pattuglia di volontari armati di scala, palette, spazzole
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Ripulire la Storia dalle incrostazioni del Tempo? Agli eruditi articoli, che di solito, compaiono in certe occasioni, viene affidato questo compito nei salotti cultural-chic. Ben altro è invece il gesto compiuto ieri pomeriggio, nella giornata del 13 febbraio 2019, 516° anniversario di quella gloriosa Disfida datata 1503, da chi ritiene che sia meglio, almeno una volta all’anno, ripulire il monumento dalle erbacce… Ecco la nota del giornalista Nino Vinella.

“L’appello tradizionalmente rivolto sui media anche quest’anno dalla guida turistica Andrea Moselli è stato raccolto nel giro di poche ore, facendo ritrovare in contrada Sant’Elia una pattuglia di volontari armati di scala, palette, spazzole e tutto l’armamentario utile a fare pulizia.

Da Barletta Archeoclub d’Italia e Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia. Da Trani l’assessore all’ambiente Michele Di Gregorio ed il consigliere comunale Diego Di Tondo. Tutti accomunati, insieme ad uno sparuto gruppetto di persone incuranti del gelido vento di febbraio fra gli ulivi, dalla voglia e dall’impegno di essere presenti in un luogo così tanto carico di fascino, di silenziosa suggestione da far dimenticare tutto quanto il resto. Lo slogan di sempre “Siamo solo custodi” ha funzionato anche stavolta: umili custodi della memoria, angeli custodi e per giunta volontari di questo angolo della Puglia dove natura, storia e civiltà s’incontrano nel crocevia di una provincia nata da poco ma con radici molto profonde…

Ottanta anni dopo la “Disfida di Barletta”, nel 1583, Ferrante Caracciolo, duca di Airola e preside di Terra di Bari e di Terra d’Otranto, onde conservare memoria della vittoria degli Italiani, fece erigere nei pressi del Campo della Disfida, un monumento, sul quale fu affissa una lapide col seguente epigramma scritto dal poeta latino umanista Pier Angelio Bargeo (Petrus Angelius Bargæus, 1517-1596): “Chiunque tu sia, se d’eminenti e ardite imprese ammaliato vai, apprezza dei fieri condottieri le eccelse gesta. Qui sublime ardore in epico certame a battersi incitò tredici d’Ausonia contro tredici di Francia, tanto che Marte stesso sembrava tra lor pugnare e in essi fomentare ardimento e vigore. Pari il lor numero, l’armi, l’età, e parimenti entusiasti d’eroicamente immolarsi per la Patria loro. La fortuna e l’alto valore risolse la battaglia: e la schiera a cui spettava conseguì la vittoria. Qui gl’Italiani in leale scontro atterrarono i Franchi, qui la vinta Francia la mano porse all’Italia”. Durante la dominazione napoleonica, nel 1806, l’epitaffio venne abbattuto dalle truppe francesi del 42° reggimento di stanza ad Andria. Venne poi ricostruito nel 1846 dal Capitolo tranese, proprietario del suolo, con l’aggiunta del suo stemma, come ricorda Mons. Giuseppe D’Amato nel suo libro “Barletta e la Disfida “ (Tipografia Vecchi e C. Trani, 1969).

L’Epitaffio racconta dunque una storia abbastanza controversa, difficile come le modalità per raggiungerlo seguendo le indicazioni e soprattutto per una certa indolenza da parte del mondo accademico, istituzionale e scientifico. Nonché per l’eterna rivalità Italia-Francia, che di tanto in tanto rispunta a minare le basi dell’esatta comprensione del fatto storico. Esattamente come in questi giorni di tensione fra il Governo gialloverde e il presidente Macron… Quest’anno, fiori e strette di mano, con la nostra bandiera tricolore e quell’altra dell’Europa Unita. L’altro tricolore? Meglio l’anno prossimo!”

giovedì 14 Febbraio 2019

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