Cronaca

Relazione antimafia primo semestre 2020: nella Bat il Covid “opportunità” per la criminalità

Michele Lorusso
Michele Lorusso
Ad Andria la criminalità risulta tra le più pragmatiche in virtù di una operatività flessibile rimodulata in funzione degli interessi da perseguire, privilegiando soprattutto i rapporti con la malavita cerignolana
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È stata pubblicata in questi giorni la relazione semestrale dell’attività investigativa antimafia elaborata dalla Dia con riferimento al primo semestre del 2020.

Per quanto riguarda il territorio provinciale è da rilevare che se lo stato di emergenza derivante dalla pandemia ha di certo influenzato le dinamiche della già complessa architettura criminale della BAT ponendo un freno alle attività delinquenziali. In prospettiva ciò che preoccupa sono le ripercussioni sull’economia cagionate dal Coronavirus che potrebbero trasformarsi in opportunità di business per la criminalità organizzata. Il settore maggiormente colpito è quello della pesca e dell’agroalimentare dove i sodalizi mafiosi, grazie all capacità d’interferenza e la propensione ad investire nel comparto alterando le regole del mercato, hanno puntato ai contributi europei a sostegno del settore. L’altro versante su cui si è “investito” è la litoranea dove l’interesse della criminalità organizzata, specie delle cosche economicamente più solide (malavita cerignolana e criminalità andriese), è rivolto alle attività turistiche e di ristorazione in crisi per la carenza di liquidità connessa con il lungo periodo di blocco e che ha portato a un incremento delle attività di usura e riciclaggio.

Su Andria “la criminalità risulta tra le più pragmatiche in virtù di una operatività flessibile rimodulata di volta in volta in funzione degli interessi da perseguire, privilegiando soprattutto i rapporti con la malavita cerignolana la cui influenza nell’area è particolarmente significativa. Tali collaborazioni hanno favorito la specializzazione dei locali gruppi criminali nel compimento dei reati predatori e dei furti di auto che restano, infatti, le fattispecie di reato più diffuse nella provincia. Sempre con riferimento allo specifico ambito criminale, nel semestre in esame a Diso (LE) i Carabinieri, in esecuzione di due diversi provvedimenti cautelari157, hanno proceduto alla cattura di un pregiudicato andriese, latitante dall’ottobre 2018, elemento storico dell’intero scenario criminale pugliese e specializzato negli assalti ai portavalori, nelle rapine agli autotreni e nei furti con scasso ai bancomat, legato anche a sodalizi di altre province tra cui i Parisi di Bari”.

A Barletta, invece, è in atto “una ristrutturazione degli assetti verso un “modello orizzontale” che tende a limitare il divario tra vertici e basi con una maggiore autonomia operativa dei singoli sodalizi. Il conseguente rischio di instabilità troverebbe riscontro nei diversi rinvenimenti di armi143 e negli episodi di violenza che hanno riguardato anche pregiudicati e spacciatori locali”.

Lungo la litoranea tra Trani e Bisceglie “permane l’influenza dei clan baresi, in particolare i Capriati di “Bari vecchia” (come era emerso dall’operazione “Pandora” – giugno 2018). Intorno ai gruppi più o meno radicati sempre crescente è la contiguità di giovanissimi, talvolta estranei ai contesti criminali, “arruolati” per lo spaccio di sostanze stupefacenti ed il cui mercato nella stagione estiva è tra i più fiorenti della Regione”.

Nella Valle dell’Ofanto, a Trinitapoli, “permane uno dei principali focolai d’instabilità dell’intera provincia influenzato anche dagli interessi di sodalizi non locali. Il cruento dualismo tra due gruppi esistenti è stato acuito proprio dalla crescita criminale di uno dei due che si è dimostrato in grado di catalizzare la gestione dello spaccio degli stupefacenti e delle estorsioni, acquisendo, attraverso i cospicui proventi illeciti, un potere finanziario che lo ha elevato a idoneo interlocutore anche per la malavita cerignolana e la criminalità organizzata andriese.

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Dai dati pubblicati emerge una crescita “delle capacità economico-finanziarie dei sodalizi originari della provincia, fattore che si riversa nel tessuto socio-economico tra i più solidi della Puglia, “inquinandolo” attraverso il riciclaggio, l’auto-riciclaggio, il reimpiego di proventi illeciti e l’intestazione fittizia di beni, tutte operazioni che alterano il libero mercato e di fatto creano i presupposti per un’illecita concorrenza. È inoltre pacifica la capacità delle organizzazioni di schermare efficacemente i profitti illeciti utilizzando quelli legali anche mediante prestanome inseriti nelle delicate fasi di “emersione” (in particolar modo nelle attività di ristorazione e in quelle legate ai processi di trasformazione dei prodotti agricoli), attraverso la compiacenza di figure professionali, quali commercialisti ed avvocati, nonché sfruttando le difficoltà finanziarie delle imprese”.

venerdì 26 Febbraio 2021

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