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Federalismo fiscale, quanto è penalizzata Barletta? I dati

Michele Lorusso
Michele Lorusso
Dal dossier "Il calcolo disuguale. La distribuzione delle risorse ai comuni per i servizi"
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Spesso si discute di federalismo fiscale senza scendere nel dettaglio di quelle che sono le conseguenze sul riparto delle risorse statali.

Durante una puntata di Report, grazie alla collaborazione con Openpolis, è stato presentato un dossier “Il calcolo disuguale. La distribuzione delle risorse ai comuni per i servizi per rendere più trasparente il divario su chi ci guadagna e chi ci perde dall’autonomia differenziata. “Parliamo di oltre 25 miliardi di spesa pubblica, i cui criteri di distribuzione sono talmente complessi da risultare impenetrabili anche per molti addetti ai lavori. Le regole stabilite dalla riforma del titolo V della Costituzione e dalla legge Calderoli sul federalismo fiscale, infatti, sono rimaste largamente inapplicate, creando gravissimi problemi di iniquità nella distribuzione delle risorse. Ci siamo chiesti cosa determina queste iniquità e cosa sarebbe successo se quelle regole fossero state pienamente attuate”.

A livello nazionale è emerso che in Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna vive il 30% della popolazione italiana, ma si produce il 40% del Pil e ciò ha portato le tre regioni a chiedere autonomia per gestire 16 miliardi di spesa pubblica in più.

Ciò, per alcuni territori rappresenterà una maggiore efficienza nella spesa pubblica, mentre, per altri sarà una “secessione dei ricchi”, che porterà inevitabilmente a un impoverimento del regioni meridionali.

Per quanto riguarda la BAT i dati emersi non sono dei migliori.

Per ciò che concerne “l’iniquità dei fabbisogni”, calcolato sul fabbisogno standard pro capite e totale nei comuni italiani delle regioni a statuto ordinario (2016), la città che tra le tre capoluogo registra il maggior divario dal fabbisogno medio della fascia di popolazione è Andria con un -23,51% che ha fabbisogno standard totale (2016) di € 55.443.975,55 e un fabbisogno standard per abitante (2016) di € 552,01. Barletta, su un fabbisogno standard totale (2016) di € 52.026.950,61 e un fabbisogno standard per abitante (2016) di € 548,73 fa registrare un divario dal fabbisogno medio della fascia di popolazione -15,38%. Trani, su un fabbisogno standard totale (2016) di € 32.380.951,78 e un fabbisogno standard per abitante (2016) di € 576,00 fa registrare un divario dal fabbisogno medio della fascia di popolazione -2,56%.

Per quanto riguarda la “spesa sociale” è sempre Andria ad aver conquistare il podio che su fabbisogno standard sociale (2016) di € 9.886.772,48 e un fabbisogno standard sociale per abitante (2016) di € 98,43 il divario dal fabbisogno sociale medio della fascia di popolazione è del -17,70%. A Barletta, invece, su fabbisogno standard sociale (2016) di € 9.311.504,51 e un fabbisogno standard sociale per abitante (2016) di € 98,21 il divario dal fabbisogno sociale medio della fascia di popolazione è dello 0,01%. Trani su fabbisogno standard sociale (2016) di € 5.094.015,58 e un fabbisogno standard sociale per abitante (2016) di € 90,61 il divario dal fabbisogno sociale medio della fascia di popolazione è del 2,85%.

Anche per ciò che riguarda gli asili nido, Andria su un fabbisogno standard per asili nido (2016) di € 669.501,54 e un fabbisogno standard per asili nido per abitante 0-2 (2016) di € 245,78, il divario dal fabbisogno di asili nido medio della fascia di popolazione è dello -84,44%. Barletta su un fabbisogno standard per asili nido (2016) di € 522.968,94 e un fabbisogno standard per asili nido per abitante 0-2 (2016) di € 220,38, il divario dal fabbisogno di asili nido medio della fascia di popolazione è dello -80,11%. Trani, invece, su un fabbisogno standard per asili nido (2016) di € 715.259,24 e un fabbisogno standard per asili nido per abitante 0-2 (2016) di € 539,82, il divario dal fabbisogno di asili nido medio della fascia di popolazione è dello -32,93%.

lunedì 11 Novembre 2019

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