Calcio

Campetto parrocchia Spirito Santo, 30 anni fa prendeva vita il sogno di Savino Parente

Nicola Ricchitelli
Un quartiere, una scuola calcio e una generazione che trent'anni fa iniziava a correre dietro a un pallone
scrivi un commento 921

«Praticare lo sport, qualsiasi disciplina,è sempre positivo per i giovani, perché la pratica sportiva crea in loro grande interesse e li tiene lontani dalla strada, dalle sale gioco, da luoghi poco rassicuranti, e soprattutto dalla droga». Nasceva trent’anni fa – era il gennaio del 1988 –il sogno di un ex terzino del Barletta su di un campo di terra battuta che fiancheggia la parrocchia Spirito Santo, messo a disposizione dall’allora parroco ed oggi monsignore don Michele Seccia. Voleva insegnare il calcio ma forse ha insegnato e ci ha insegnato molto di più di come mandare un pallone a gonfiare la rete. C’erano valori imprescindibili da indossare, prima di indossare una maglia di calcio, l’amore per lo sport prima di tutto e il rispetto; il rispetto per la famiglia, il rispetto per il proprio compagno di squadra e il rispetto per l’avversario che affrontavi sul campo da gioco, ci ha insegnato che non studiare bruciava più di una sconfitta, più di un rigore sbagliato e di un goal sbagliato a porta vuota. Era questo e soprattutto questo Savino Parente, il mister Parente.

Lunedì, Mercoledì Venerdì. Vi è stato un tempo in cui per noi ex bambini nati e cresciuti in questo quartiere, questi, erano i soli tre giorni che meritavano considerazione durante tutto l’arco della settimana, al di là della domenica – con la sua noiosa messa con tanto di catechismo annesso – e il “90 minuto”.

C’era la terra battuta, quella che quando finivi di giocare ti lasciava volere o volare le ginocchia sbucciate e gli innumerevoli graffi lungo le gambe, c’erano le reti delle porte bucate legate con i lacci ai ganci delle stesse, e c’era la pioggia che ti metteva di malumore sin dal mattino tra i banchi di scuola poiché voleva dire distese infinite di pozzanghere e quindi niente scuola calcio, o per lo meno ti toccavano le noiose lezioni sulle regole del calcio, lì dentro lo spogliatoio: «quanto è larga una porta di calcio? 7 metri e 32 mister!», ed ancora:« quanto è alta una porta di calcio? 2 metri e 44 mister», «se un difensore fa un retropassaggio, il portiere la può prendere con le mani? No mister».

Poi c’era Marco che non appena arrivavi ti gridava: «oggi si fa tutta partita», il che voleva dire niente tutti quei noiosi esercizi – stop di interno, tiro di collo piede, stop con l’interno piede – e quindi niente corsa e robe di questo tipo, ma soltanto tante partite, goal ed esultanze.

C’era Cosimo, che quando palleggiavi puntualmente veniva a farti cadere il pallone, e c’era Davide che di palleggi non riusciva a farne neanche uno.

Poi c’era Marco che tra un palleggio e l’altro non perdeva occasione per sistemarsi i capelli, invece Christian a fare i palleggi se la cavava, Gaetano ce la metteva tutta ma purtroppo il pallone gli correva sempre dietro cosi come una mamma e il bimbo monello, poi c’era Francesco che si “mangiava i goal davanti alla porta”, e Ruggiero quello che non giocava mai ma che un giorno fece un goal davvero importante che valeva un campionato.

C’era chi durante la partita voleva sempre fare tutto da solo, chi non passava mai la palla, c’era questa e quell’altra squadra da battere, e c’erano due fratelli gemelli di nome Michele e Giuseppe che da fuori ci prendevano in giro sostenendo che eravamo delle mezze schiappe.

C’era da fare in fretta i compiti per poi ritornare la sera sempre su quel campo durante la lezione riservata ai ragazzi del rientro pomeridiano per fare numero pari durante la partitella, e perché no, rifare da capo tutto l’allenamento.

C’era da diventare come Roberto Baggio- nonostante quel calcio di rigore sbagliato a Passadena – e c’era da diventare come Gianfranco Zola – nonostante quel rigore sbagliato contro la Germania che ci buttò fuori da Euro 96 – c’era George Weah – quello che con la palla al piede corse per San Siro tutto contro il Verona – e Gianluca Vialli, Zinedine Zidane e Alessandro Del Piero, c’erano le partite alle figurine negli spogliatoi e i mister che le sequestravano, finché iniziammo a divenire troppo grandi per voler essere come Totti e Vieri.

Poi arrivò mister Claudio colui che parlava strano,« e metti un po’ de carne qua, e metti un po’ de carne là» ripeteva a chi era tutto carne e ossa, si diceva essere un ex calciatore, ma per noi sembrava venire da un altro pianeta solo perché parlava sempre in italiano e no il dialetto barlettano, che al contrario nostro lo masticavano meglio della poesia di natale.

Divenimmo sin da subito coloro che da piccoli sognavano di fare i calciatori, non ci restò che esibirci dinanzi alle ragazze della comitiva e nei tornei fatti per illusi, nel frattempo lui Marco lo ricordammo giusto in un paio di occasioni e poi niente più, in qualche partita a lui dedicata, mentre qualche tempo dopo, mister Savino lo raggiunse perché forse stava facendo il discolo anche in paradiso.

C’era un quartiere che si diceva essere difficile, ed ecco allora che intere generazioni nella Scuola Calcio Spirito Santo vi hanno trovato il giusto rifugio dalle tentazioni e dai pericoli della strada, per anni guidata da colui che per molti ha rappresentato una vera e propria figura paterna, Savino Parente. Poi arrivarono gli anni bui e con essi le erbacce e lo stato di abbandono in cui questo pezzo di storia versò per alcuni anni, poi mister Claudio – che negli anni è divenuto uno di noi – con forza e tenacia lo trasformò in ciò che appare oggi, con tanto di erbetta sintetica, e con quei figli di quella generazione raccontata sopra che corre dietro ad un pallone.

Questo quartiere trent’anni dopo è rimasto quello che è, quel che era, difficile, e forse sempre lo sarà.

Un tempo vi erano famiglie che non riuscivano ad arrivare alla fine del mese, oggi vi sono famiglie che lottano per arrivare alla fine della giornata. C’è un caldo che piegherebbe la resistenza di molti, ma qui c’è sempre una palla da mettere in rete, un contrasto da vincere con l’avversario e con la vita, qui c’è una vita che ti farà sempre fallo da dietro, sempre pronta a lasciare i segni dei tacchetti sugli stinchi ma comunque imparerai ad alzarti, nonostante i lividi, le ossa e le caviglie rotte.

Alzo lo sguardo proprio verso il terrazzo di fronte, a volte sembra di vederlo seduto mentre osserva quei bimbi giocare, dai muoviti a scendere Marco, oggi si fa “tutta partita”.

sabato 2 Settembre 2017

Argomenti

Notifiche
Notifica di
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti
Marisa dagnello
Marisa dagnello
6 anni fa

Articolo Stupendo ..ora questa tradizione viene portata avanti dal “mr Claudio ” che continua a parlare strano ????

Antonio
Antonio
6 anni fa

E vero mister parente ,mister puttilli ,mister filannino e mister dicuonzo ci hanno insegnato i veri valori della vita divertendoci grazie

Raffaele Mennea
Raffaele Mennea
6 anni fa

Bellissimo articolo, però mi aspettavo di essere citato anche io, capitano! Saluti, Raffaele

Federica Lacerenza
Federica Lacerenza
6 anni fa

Pensieri, parole, ricordi, un articolo fantastico!
Marco da lassú l'avrà sentito e avrà sorriso con tutti voi ricordando quel bel periodo di vita…
Ricordo ancora quando si allacciava le scarpe da calcio per scendere a volo nel campo????
E Ringrazio sinceramente per questo articolo perché ho potuto percepire ciò che è stato e quanto è stato bello per tutti voi giocare e vivervi lí crescendo insieme❤️

Lacerenza michele
Lacerenza michele
6 anni fa

Ricordo ancora il primo giorno che sono andato da mister Parente pregandolo di accettare Marco nella scuola, Lui mi rispose: è troppo piccolo torna l'anno prossimo. Ricordo che continuai a Pregarlo finché non lo convinsi dicendogli che se non avesse giocato al pallone non sarebbe andato a scuola. Siccome Mister Savino metteva al primo posto “SCUOLA e EDUCAZIONE” rispindendomi da padre mi rispose: vabbè fallo venire. Il ricordo di un UOMO così GRANDE sarà indelebile nel mio cuore e penso nel cuore di tanti. Grazie Mister SAVINO per ciò che hai fatto per i nostri figli e per noi genitori. Un abbraccio e una preghiera a Voi che siete lassù.

Hugo Bande
Hugo Bande
6 anni fa

Un relato emocionante que acabo de leer en casa de los padres de Marco Lacerenza, mis amigos. No he tenido el placer de conocer a Marco pero imagino el placer que sería conocerlo ahora y escuchar sus historias de futbol en Barletta.
Marco, grazie per l' amicizia dei tuoi genitoni.
Gracias!!!!