Cultura

Festa dei Santi Patroni a Barletta: l’omelia dell’Arcivescovo

La Redazione
Mercoledì 11 luglio in Concattedrale il reliquiario della Madonna delle lacrime di Siracusa
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Come sempre gremita di fedeli la Basilica Concattedrale di
Santa Maria Maggiore al solenne pontificale delle ore 11.00 presieduto
da S.E. Mons. Leonardo D’Ascenzo, Arcivescovo di
Trani-Barletta-Bisceglie, nella giorno della festa dei Santi Patroni,
Maria SS. dello Sterpeto e San Ruggero.

Presenti anche le autorità civili e militari, tra cui il
Prefetto Dott.ssa Maria Antonietta Cerniglia, il Sindaco Dott. Cosimo
Cannito, la sen. Prof.ssa Assuntela Messina.

Al termine della celebrazione l’Arcivescovo ha annunziato che, mercoledì 11 luglio, nella prima mattinata, la
celebrazione delle 4,30, che segnerà il termine della festa barlettana
con successivo trasferimento della Sacra Icona dello Sterpeto verso
l’omonimo Santuario in via Trani, sarà accompagnata dall’ostensione del
Reliquario della Madonna delle lacrime a Siracusa (che dal 10 al 12
luglio sarà a Margherita di Savoia nel Santuario Parrocchia SS.
Salvatore), restando in Basilica fino alle 7.00.

Madonna dello Sterpeto e Madonna delle lacrime, due
espressioni della presenza di Maria nella storia degli uomini in tempi e
luoghi diversi, ma legati da un unico filo conduttore: Dio che, nella
Madre di Suo Figlio il Signore Gesù, continua a parlare all’umanità, ad
esserle vicino.
Le lacrime di Maria sono il segno dell’amore
materno e della partecipazione della Madre alle vicende dei figli. Chi
ama condivide. Le lacrime sono espressione della tenerezza di Dio: un
messaggio di Dio all’umanità, che, in Maria, la invita alla conversione
del cuore e alla preghiera.

Di seguito l’omelia dell’Arcivescovo e una scheda storica sulla Madonna delle lacrime di Siracusa

OMELIA DELL’ARCIVESCOVO

Ricorderete certamente il Vangelo di domenica scorsa (Mc
5,21-43), che ci ha proposto il racconto di due storie di donne: una
fanciulla di 12 anni, poi morta, e una donna da 12 anni affetta da
perdite di sangue. La fede del papà della bambina che implora da Gesù un
suo intervento e quella della donna, la quale pensava che sarebbe
bastato solo toccare il lembo del mantello di Gesù per essere guarita,
permise a queste due donne di riprendere a vivere in pienezza la loro
vita, ad essere guarite, ad essere salvate dal loro Signore.

Le prima lettura (Ez 2,2-5) e il Vangelo (Mc6,1-6)
dell’odierna liturgia, al contrario, ci parlano di due situazioni
denotate dalla mancanza di fede: da un lato il popolo di Dio, dalla
testa dura, che pensa di poter vivere come se Dio non ci fosse, al
quale viene inviato il profeta per ricondurlo sulla via di Colui che lo
ha scelto e lo ha eletto; e poi il Vangelo, appena proclamato, che fa
riferimento a delle persone che conoscevano Gesù, i suoi concittadini
nazareni, che lo conoscevano fin dall’infanzia, lo avevano visto
crescere, eppure si mostrano chiuse nei suoi confronti di Gesù, con
uno sguardo incapace di riconoscerlo per quello che era; e per la
mancanza di fede in queste persone Gesù non poté effettuare nessun
prodigio.

Volendo trarre un insegnamento per noi, dobbiamo riconoscere
che, purtroppo, questa è la situazione che, a volte, ci ritroviamo a
vivere; in quanto pur conoscendo Gesù, e noi lo conosciamo fin
dall’infanzia , fin da quando eravamo bambini, quante volte ci
ritroviamo a vivere come se non ci fosse! Chi sa quante volte in questa
chiesa abbiamo partecipato alla celebrazione della santa messa. Chissà
quante volte ci siamo radunati in Chiesa ai piedi della Madonna dello
Sterpeto; chissà quante vote abbiamo celebrato la festa dei santi
patroni. Eppure, andando in profondità, anche non possiamo vivere il
rischio di non riconoscere Gesù per quello che è nella nostra vita,
dimostrando così di avere anche noi un cuore indurito, un cuore non
disposto. E ciò per tanti motivi: per il peccato, per l’egoismo, per il
non essere persone di pace, persone che cercano di costruire pace,
persone che si sforzano di vivere il vangelo. Pe questi motivi il nostro
cuore non è disposto ad accogliere Gesù come nostro Signore. Dice
Sant’Ignazio di Loiola, il fondatore dei Gesuiti, la Congregazione ai
cui fa parte il nostro santo Padre Papa Francesco: E’ più disposto Dio a
farci dono delle sue grazie, piuttosto che noi a riceverle. Se noi
avessimo un cuore aperto, un cuore disponibile, un cuore plasmato dal
Vangelo, un cuore che cerca di vivere il Vangelo, chissà quanti doni
potremmo ricevere dalla carità di Dio. Però questi doni non ci
raggiungono perché abbiamo un cuore duro, un cuore chiuso, abbiamo uno
sguardo con degli occhi appannati, oscurati, come quelli dei
concittadini nazareni di Gesù, i quali si limitavano soltanto a
riconoscere Gesù per quello che appariva all’esterno: il figlio del
carpentiere, il figlio di Maria, mancandogli di rispetto perché per la
cultura del tempo avrebbero dovuto indicarlo come Gesù figlio di
Giuseppe. Lo sguardo di queste persone si riferiva soltanto
all’apparire, alla materialità, che non le rendeva capaci di
riconoscere in Gesù il Salvatore, Dio, colui che avrebbe potuto guarire
il loro cuore, avrebbe potuto realizzare chissà cosa nei loro riguardi.

Questo brano del Vangelo ci invita a porci alcune domande,
ad esempio: quando noi guardiamo le persone attorno a noi, chi vediamo?
Dinanzi ai nostri parenti, agli amici a a coloro che incontriamo
occasionalmente, ci fermiamo solo all’apparenza, alla materialità di
esse? O siamo capaci di vedere in esse figli e figlie di Dio, persona
fatte ad immagine e somiglianza di Dio, nostri fratelli e sorelli. Se
sapessimo vedere negli i nostri fratelli, dei figli di Dio, come è
ciascuno di noi, cominceremmo ad essere più costruttori pace. E ciò
dovrebbe verificarvi a partire dai nostri ambienti. Costruttori di
pace, come ci ha invitato Papa Francesco, ancora una volta proprio ieri,
a Bari, dove, incontrando i responsabili e i capi delle diverse
confessioni religiose in medio oriente, con i capi delle religioni del
Medio Oriente, ha invitato tutti a pregare per questa terra così
martoriata da guerre, da non pace, da non rispetto delle persone.

Via da noi lo sguardo che vede nelle altri strumenti da
sfruttare, da piegare ai propri interessi ed egoismi, da sfruttare
economicamente. Ma non è così, l’altro è mio fratello, è un figlio di
Dio, che va riconosciuto e accolta come un fratello.

Affidiamoci alla preghiera e alla intercessione dei nostri santi
patroni, San Ruggero e la Madonna dello Sterpeto, perché ci aiutino ad
avere il cuore sempre più buono, aperto e disponibile ai doni di grazia
di Dio, ed uno sguardo capace di riconoscere in Gesù il nostro
Salvatore ed uno sguardo capace di vedere intorno a noi persone che
sono, in Dio, nostri fratelli e sorelli.

SCHEDA STORICA

Il 29-30-31 agosto e il 1° settembre del 1953, un quadretto
di gesso, raffigurante il cuore immacolato di Maria, posto come
capezzale di un letto matrimoniale, nella casa di una giovane coppia di
sposi, Angelo Iannuso e Antonina Giusto, in via degli Orti di S.
Giorgio, n. 11, ha versato lacrime umane.

Molte furono le persone che videro con i propri occhi,
toccarono con le proprie mani, raccolsero e assaggiarono la salsedine di
quelle lacrime.
Il 2° giorno della lacrimazione, un cineamatore di Siracusa riprese uno dei momenti della Lacrimazione.

Quello di Siracusa è uno dei pochissimi eventi così documentati.
Il 1° settembre una Commissione di medici e di analisti, per incarico
della Curia Arcivescovile di Siracusa, dopo aver prelevato il liquido
che sgorgava dagli occhi del quadretto, lo sottopose ad analisi
microscopica. Il responso della scienza fu: “lacrime umane”.

Terminata l’indagine scientifica il quadretto smise di piangere. Era il quarto giorno.

L’episcopato della Sicilia, con la
presidenza del Card. Ernesto Ruffini, emise rapidamente il suo giudizio
(13.12.1953) dichiarando autentica la Lacrimazione di Maria a Siracusa

Un anno dopo l’evento della lacrimazione, la domenica 17 ottobre 1954, il Papa dell’epoca, Pio XII,
concluse il Convegno Mariano di Sicilia con un Radiomessaggio: “Non
senza viva commozione prendemmo conoscenza della unanime dichiarazione
dell’Episcopato della Sicilia sulla realtà di quell’evento. Senza dubbio
Maria è in cielo eternamente felice e non soffre né dolore né mestizia;
ma Ella non vi rimane insensibile, che anzi nutre sempre amore e pietà
per il misero genere umano, cui fu data per Madre, allorché dolorosa e
lacrimante sostava ai piedi della Croce, ove era affisso il Figliolo.
Comprenderanno gli uomini l’arcano linguaggio di quelle lacrime? Oh, le
lacrime di Maria! Erano sul Golgota lacrime di compatimento per il suo
Gesù e di tristezza per i peccati del mondo. Piange Ella ancora per le
rinnovate piaghe prodotte nel Corpo mistico di Gesù? O piange per tanti
figli, nei quali l’errore e la colpa hanno spento la vita della grazia, e
che gravemente offendono la Maestà divina? O sono lacrime di attesa per
il ritardato ritorno di altri suoi figli, un dì fedeli, ed ora
trascinati da falsi miraggi?”

Il 6 Novembre 1994, Giovanni Paolo II, in
visita pastorale alla città di Siracusa, durante l’omelia per la
dedicazione del Santuario alla Madonna delle Lacrime, ha così detto:

“Le lacrime di Maria appartengono all’ordine dei segni: esse
testimoniano la presenza della Madre nella Chiesa e nel mondo. Piange
una madre quando vede i suoi figli minacciati da qualche male,
spirituale o fisico.
Santuario della Madonna delle Lacrime, tu sei
sorto per ricordare alla Chiesa il pianto della Madre. Qui, tra queste
mura accoglienti, vengano quanti sono oppressi dalla consapevolezza del
peccato e qui sperimentino la ricchezza della misericordia di Dio e del
suo perdono! Qui li guidino le lacrime della Madre. Sono lacrime di
dolore per quanti rifiutano l’amore di Dio, per le famiglie disgregate o
in difficoltà, per la gioventù insidiata dalla civiltà dei consumi e
spesso disorientata, per la violenza che tanto sangue ancora fa
scorrere, per le incomprensioni e gli odi che scavano fossati profondi
tra gli uomini e i popoli. Sono lacrime di preghiera: preghiera della
Madre che dà forza ad ogni altra preghiera, e si leva supplice anche per
quanti non pregano perché distratti da mille altri interessi, o perché
ostinatamente chiusi al richiamo di Dio. Sono lacrime di speranza, che
sciolgono la durezza dei cuori e li aprono all’incontro con Cristo
Redentore, sorgente di luce e di pace per i singoli, le famiglie,
l’intera società”

Il Reliquiario contiene la viva ed inconfutabile testimonianza dell’evento: le lacrime di Maria.

L’autore e l’artista è stato il prof. Biagio Poidimani di Siracusa, professore all’Accademia delle Belle Arti di Roma.

Il Reliquiario poggia su un piede dalla base ottagonale e, al di sopra della impugnatura, vi sono tre piani sovrapposti.

Nel primo piano vi è custodita parte di un panno ricamato
utilizzato dalla sig.ra Antonina Giusto per coprire e custodire il
quadretto, che spesso era interamente bagnato dalle lacrime; la metà di
un fazzoletto anch’esso impregnato di lacrime, donato dalla sig.ra
Lisetta Toscano Piccione; la provetta in cui fu riposto il liquido
prelevato dagli occhi del quadretto dalla Commissione Scientifica il 1°
settembre (circa 30 gocce); alcuni batuffoli di cotone.

Agli angoli della teca vi sono quattro statue: S. Lucia,
patrona della città di Siracusa; S. Marziano, primo vescovo della città;
S. Pietro e S. Paolo, colonne portanti della Chiesa, legati alla storia
della prima comunità cristiana a Siracusa: Paolo perché secondo gli
Atti degli Apostoli è rimasto tre giorni a Siracusa; Pietro perché
secondo la tradizione, quando era vescovo di Antiochia, ha inviato il
suo discepolo Marziano come primo vescovo della città di Siracusa.

Nel secondo piano quattro pannelli ricordano il prodigio: la
riproduzione del quadretto prodigioso; la lacrimazione nella camera da
letto dei coniugi Iannuso; l’esposizione del quadretto in via degli
Orti; il quadretto posto in piazza Euripide, primo “Santuario”
all’aperto.

Nel terzo piano, infine, custodita da quattro angeli, sta
l’urna di vetro in cui vi è la fialetta che contiene le ultime lacrime,
quelle rimaste dopo l’indagine scientifica.

L’8 maggio 1954, il Reliquiario fu sigillato e fu firmata la pergamena che ne attesta l’autenticità.

Sulla base del Reliquiario vi è una incisione in latino: “O
Vergine delle Lacrime, strappa dalla durezza del nostro cuore lacrime di
pentimento – 29 agosto 1953”.

lunedì 9 Luglio 2018

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