Cultura

‘E la chiamano estate’, presentato il primo libro del giornalista Valentino Losito

Cosimo Giuseppe Pastore
Una raccolta di racconti che, restituendo immagini in bianco e nero che improvvisamente prendono suoni, odori e colore, non può esimersi dall'indole del suo autore, quella giornalistica
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La vista di un aquilone nel cielo, la presa dello spago tra le dita, il suono di un tempo scandito dalla controra. È questo il cuore pulsante di ‘E la chiamavano estate’, debutto letterario di Valentino Losito, giornalista ed ex presidente dell’Ordine dei giornalisti della Regione Puglia. «Valentino muove la penna tra i sentieri del cuore», così lo introduce Giuseppe Dimiccoli, moderatore della serata di presentazione, insieme a Mariagrazia Vitobello, presidente del centro studi ‘Barletta in Rosa’, tenutasi nella serata di ieri, 2 febbraio, a Palazzo della Marra. Una città, Barletta, che torna nella vita del giornalista, culla della sua carriera giornalistica che lo ha visto, per 25 anni, militare nella redazione della Gazzetta del Mezzogiorno. Ed è così che ad aprire la serata ci pensano le note di Gino Pastore, dedicate al personaggio di Piripicchio, presente con un cameo in ‘E la chiamavano Estate’.

Un gioco di immagini e suggestioni tramite le parole di un giornalista, il quale costruisce una raccolta di racconti che non vuole ergersi a pietra miliare della letteratura moderna, ma ad istantanea di un tempo lontano, quello degli anni ’60 e ’70. È un’istantanea, però, che intende immortalare una stagione, l’estate. Mesi di caldo rovente da passare in “villeggiatura”, termine desueto, sì, ma che da solo basta a catapultare il lettore in un’altra epoca. Quale la villeggiatura? Quella trascorsa sulle spiagge di Santo Spirito, località mai citata espressamente: «Ci si divertiva con poco, senza andare all’altro capo del mondo».

È una raccolta, quella di Losito che, restituendo immagini in bianco e nero che improvvisamente prendono suoni, odori e colore, non può esimersi dall’indole del sua autore, quella giornalistica. Così ogni istante è spunto di riflessione, di paragone con l’era digitale e frenetica che ha perso il rituale della controra. Un momento di religioso silenzio dedicato ad un riposo bucolico, magari accarezzati dalla brezza delle prime ore del pomeriggio, in cui l’infanzia incontra una grande maestra di vita, la noia. È lei a fare da traino alla fantasia, è lei a presentarci il silenzio, padre e culla delle parole che saranno dette, ma al momento giusto.

Sarà possibile recuperare quel tempo, con il suo flusso lento e naturale? «Bisogna provarci – invita Losito – perché la fretta è il demone del nostro tempo, in cui vale solo l’ora e l’adesso. È una sfida difficile, perché non possiamo opporci al tempo moderno, ma bisogna provarci per portare in un mondo così veloce una riserva di umanità».

sabato 3 Febbraio 2018

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