Cultura

“Frame”, il cortometraggio sulla disabilità firmato dai barlettani Luca Daleno e Davide Damato

Cosimo Giuseppe Pastore
Un cortometraggio che rappresenta il manifesto della disabilità intesa come possibilità di riscatto sociale: intervista a Luca Daleno e Davide Selim Damato
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Per tagliare il traguardo non serve avere gambe veloci, ognuno ha il diritto di essere parte di una squadra, di segnare un goal, di esprimere il suo talento, di avere un posto nel mondo,di innamorarsi, ma soprattutto, ognuno ha il diritto di cambiare la propria vita. Certo, sarà tutto diverso agli occhi di chi è abituato ad usare il termine “normale”, ma non per questo sarà meno degno di nota.

E’ la morale del cortometraggio (https://www.youtube.com/watch?v=yuH3VfCWB1E) firmato da Luca Daleno e Davide Selim Damato, due giovani barlettani che con ‘Frame’, questo il nome del corto, hanno collaborato con i ragazzi con sindrome di Down dell’Associazione italiana persone Down (AIPD), restituendo la loro interpretazione di disabilità: «Una sfumatura della realtà che il creato ci ha donato, una sfida con regole non decise da nessuno» spiegano Luca e Davide, nel corso del nostro lungo incontro.

Realizzato per un concorso a tema, il cortometraggio rivela uno spaccato sociale a cui non è possibile volgere le spalle e a sorprendere è il fervore con cui Davide e Luca parlano del lavoro svolto. L’esperienza, infatti, non si è fermata dietro la telecamera, ma ha posto le basi per un rapporto fertile con quei ragazzi, così speciali, così ricchi: «Serve sicuramente molta pazienza, che d’altronde serve anche con le persone normodotate, ma con loro si ha l’impressione molto più forte che quella pazienza venga ripagata» rivelano i ragazzi.

«In certe circostanze – proseguono – non bisogna considerarli disabili, perché le capacità ce le hanno, a volte nascoste ma ce le hanno, bisogna tirarle fuori con il giusto approccio, con la giusta parola, così in alcune situazioni ti daranno molto di più di persone normodotate».

Il cortometraggio e lo ‘scoccare dell’ora’

«Superare i limiti imposti, farlo nel modo più difficile possibile, ma in realtà un modo difficile non si cerca: non si sceglie se nascere disabili o meno. E non si sceglie nemmeno di cambiare, si cambia con il supporto di alcune persone, ecco il senso dell’arbitro di gara, del direttore d’orchestra o del mister che fungono da supporto, danno forza ai ragazzi».

Ed è l’immagine, ricorrente nelle scene iniziali del cortometraggio, del minuto precedente allo scoccare dell’ora, le 18:59, che indica l’imminente cambiamento, una svolta resa possibile da persone che si rendono mentori dei ragazzi con sindrome di Down.

Il messaggio è immediato quanto sorprendente se proviene da ragazzi che non hanno mai avuto contatto con la disabilità, se non prima di questo progetto:«Le persone responsabili nel cortometraggio rappresentano una madre, un padre, un amico» affermano i ragazzi, mentre ci spiegano come i ragazzi con sindrome di Down abbiano «una percezione dei loro limiti, ma quando individuano una persona in cui riporre fiducia, ragionevolmente, si immettono nei suoi consigli, riconoscendo subito quando qualcosa viene fatta nel loro bene».

Circa quattro i giorni di riprese, nel pieno caldo estivo di luglio, iniziati dopo un incontro con i ragazzi e le famiglie in cui «abbiamo esposto i nostri progetti e abbiamo trovato il consenso di tutti, qualche genitore ci ha dato anche consigli utili» e terminati con la proiezione del corto sul grande schermo del cinema Paolillo, occasione per mostrare i risultati del lavoro alle famiglie. E’ questa la genesi di ‘Frame’, purtroppo escluso dal concorso: «Il titolo non è casuale, sono scene slegate tra loro, ma che comunque hanno un senso comune» rivelano i ragazzi spiegando che «il termine Frame, che significa fotogramma, sta a rafforzare il contenuto del cortometraggio, che pur avendo un senso globale non può interpretarsi come una storia unica».

Dietro le quinte, aneddoti e difficoltà

«E’ stato molto divertente e altrettanto faticoso, abbiamo lavorato molto e sudato tanto sul set perché, purtroppo, ci sono stati molti appuntamenti disattesi. Fortunatamente i problemi, che abbiamo risolto, si sono limitati a questo e non ci sono stati problemi insormontabili. Abbiamo avuto la concessione per il Teatro Curci che è stata un’ottima cornice per il nostro prodotto e bisogna ringraziare il Sindaco per questo».

E tra gli aneddoti che Luca e Davide ci raccontano: «Uno dei ragazzi doveva rapportarsi con sole persone abili e, non posso nasconderlo, aveva difficoltà a correre in campo con quei ragazzi ed è proprio lì la chiave. Pur avendogli detto continuamente di dover solo correre, non riusciva a liberarsi dal blocco mentale che gli impediva di farlo, ma con il giusto approccio abbiamo trovato l’escamotage per girare la scena».

Esclusione sociale, disabilità e povertà

Stupiti dalla passione e dalla sensibilità di Davide e Luca, accomunati dalla passione per il cinema sin dai banchi del liceo, chiediamo loro quale sia la ricetta per la serenità dei ragazzi con sindrome di Down: «I genitori hanno un ruolo primario, poi viene l’associazione di cui Armando (il presidente dell’AIPD ndr) è un ottimo capitano, il tutor, una persona che li accompagni, ma i genitori sono alla base. I ragazzi devono responsabilizzarsi».

Impossibile non chiedere a Davide cosa differenzi la reazione della gente alla disabilità dalla reazione alla povertà e all’esclusione sociale. Davide, infatti, impegnato in realtà associative romane, porta avanti ‘La voce dei senzatetto’ (sito web http://www.lavocedeisenzatetto.it/</a>; pagina facebook https://www.facebook.com/lavocedeisenzatetto/), un blog in cui raccoglie video interviste a senza tetto che, purtroppo, affollano la capitale.

«Credo che le persone disabili vengano incluse molto meglio rispetto ad una persona che vive per strada perchè non le consideri diverse, quando ti rapporti con loro lo fai in modo differente perchè hanno una famiglia, hanno qualcuno con cui parlare, possono sfogarsi, quindi sono molto più affini alla nostra situazione, alla nostra concezione di vita». Al contrario invece «i senza tetto sono considerati poco di buono. Forse rispetto ai ragazzi con sindrome di Down la gente non li considera affini alla loro condizione, perchè pensa di non cadere mai in disgrazia, invece è molto semplice cadere in disgrazia, molti italiani stanno cadendo in disgrazia perchè c’è una crisi economica che non verrà mai risollevata purtroppo». Quindi, conclude: «E’ molto differente, un ragazzo down fa tenerezza, un vecchio o un giovane sporco che chiede l’elemosina non fa tenerezza, ma sta perdendo tutto, anche la dignità perchè non ha un soldo per mangiare o per comprarsi un pacco di sigarette, perchè gli sono rimaste solo quelle».

martedì 19 Settembre 2017

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